venerdì 26 maggio 2017

Progetto-Mondo



"A History of Southeast Asia", di Anthony Reid, è molto bello. Invoglia a presentarsi alla frontiera tra Bangladesh e Burma per proseguire sino alla Nuova Guinea - quattro mesi dovrebbero bastare.

Negli ultimi anni, ogni volta che ho viaggiato oltre l'Europa, per prepararmi ho letto un libro di storia. Vorrei avere un'idea generale della storia mondiale, e così ho letto di America latina, Africa, Oriente, e ho approfondito certi temi che riguardano gli Stati Uniti. E' un "progetto-mondo" per capire meglio il problema della corruzione su scala globale, che sempre più vedo come un punto d'entrata per considerare altro. Così, il mio dichiarato interesse per la corruzione diventa una scusa e un'etichetta, messa lì tanto per far presto a rispondere quando mi chiedono "di cosa ti occupi?". E i viaggi ora li chiamo "di studio", che è anche un bel modo per togliersi d'impiccio.

Miguel de Unamuno disse che "El fascismo se cura leyendo y el racismo se cura viajando", forse parafrasando il Pío Baroja di "El carlismo se cura leyendo y el nacionalismo, viajando". Lascio perdere il carlismo, che porterebbe fuori strada, e considero invece l'attualità mai sopita del nazionalismo. Viaggiamo, colorando ogni paese dove mettiamo piede, come nella mappa qua sopra. E' un'operazione geografico-contabile in cui si abdica non al nazionalismo, ma certo a un'idea di spazio-nazione per noi così scontata da risultare inavvertita. Scontata per noi, a quasi quattro secoli dalla Pace di Westfalia, ma non per luoghi periferici rispetto al sistema che si cristallizzò allora. Per esempio, nel Sud-Est asiatico l'idea di nazione si è consolidata molto più recentemente - con l'"high colonialism" e poi, come racconta James Scott nel suo bellissimo "Seeing like a State", con l'high modernism. Ora, almeno in questo l'occidente ha vinto, e viviamo in un pianeta a forma di mosaico, con tasselli dalle dimensioni estremamente variabili.

Molti anni fa pensai di scrivere qualcosa su un concetto di polity multipla e virtuale. Un modello in cui ciascuna persona possa scegliere frazionalmente le sue comunità di appartenenza, territoriali o virtuali. Ciascuna di esse con diritti e doveri individuali, e quindi anche con conseguenze impositive - immaginiamo una "dichiarazione dei redditi" frazionata tra diverse entità, per esempio. Non ne feci nulla, e forse fu meglio così. Ma mi domando in quanti modi un "progetto mondo" possa essere declinato, diversamente dalla mappa là in alto, da quel "Risiko" che nel modo più ovvio, ma anche banale, traduce graficamente l'obiettivo di ciascuno di noi: il dominio della Galassia.

Se allunghiamo lo sguardo, non appare così ovvio che la rivoluzione neolitica, con le sue potenti implicazioni ed esigenze di organizzazione dello spazio, dovesse portare all'attuale mosaicizzazione del pianeta: chissà che cosa avrebbe predetto un ipotetico intellettuale ancora infreddolito per via dell'ultima glaciazione appena conclusa, se avessimo chiesto come avremmo organizzato lo spazio planetario 13 mila anni più tardi.

Tasselli da colorare, per una minoranza se pur numerosa di privilegiati che, tra i sette miliardi che siamo, è in grado di viaggiare. Privilegiati che possono ringraziare tale neolitica rivoluzione per aver creato un surplus da distribuire, secondo parti vantaggiosamente ineguali. Un surplus che permette a loro, ma non alla motitudine esclusa, di abitare quell'enorme megalopoli nomade e fluttuante che si chiama Megaturismo: 1 miliardo e duecento milioni di persone transeunti in uno spazio globale museizzato e anestetizzato. Abitanti che individualmente, colorandone i tasselli, certifica la vigenza del mosaico globale, ma al tempo stesso collettivamente la nega, costituendo un'enorme comunità fluttuante e senza confini.

Non è scontato che rimarrà così - ne' per la mosaicizzazione nazionale, ne' per tutto il resto. Forse anche per questo mi pareva sensato pensare ad altre mappe e geografie, sovrapposte e non esclusive. Immaginare le nostre esistenze spartite tra comunità d'elezione e, tra queste, chissà, l'enorme "Megaturismo": la più grande megalopoli, itinerante, che l'umanità abbia mai creato: stanze d'albergo e ostelli, treni e rent-a-car, classe turistica sugli aerei e Fontana di Trevi. Forse, è questa l'unica comunità che potrebbe veramente vincere il Grande Risiko, se solo riuscissimo a museizzare tutto il pianeta.

Anni fa non feci nulla di quell'idea. Terminato però il mio progetto-mondo sulla corruzione, forse diventerò un geografo - categoria professionale che, dei viaggi, ha bisogno come l'aria. Vorrei infatti tanto visitare Megaturismo, ma iniziando, fino a quando è possibile, per le campagne attorno, per quel che i romani avrebbero chiamato il saltus: altrove, insomma, che è poi l'unica idea di viaggio possibile.

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