domenica 12 febbraio 2017

Madama la Marchesa, gli studenti scrivono male



L'appello dei 600 colleghi, che si lamentano perché i nostri studenti universitari scrivono male, appartiene al genere "Madama la Marchesa, ma dove andremo a finire". Anch'io, che ho la fortuna di avere studenti mediamente bravi, a volte mi lamento. Ma il linguaggio è a sua maniera democratico e rappresenta lo stato delle cose. In basso come in alto.

In alto, tra noi professori universitari, che usiamo l'inglese come Alberto Sordi: vedi alla voce "teaching hub" e "Reunion", Università di Bologna.

Stesso ateneo, anzi, mio dipartimento, il mese scorso: documento in discussione, redatto da un collega, in cui si comunica che una certa domanda va "sottomessa" (presentata) entro un certo termine. E dialoghi surreali, in consiglio di dipartimento, con due parole in inglese-bolognese a condirne cinque in italiano.

E quali strumenti mettiamo a disposizione dei nostri studenti per imparare a scrivere? Quando va bene, la buona volontà di chi, tra noi, davvero fa le pulci agli scritti che riceve. Poco altro.

E siccome i temi sono collegati, chi siamo noi per dar lezioni, quando accettiamo il plagio accademico? Meglio scriver male ma farina del proprio sacco, o bene ma copiando? Il nostro Rettore, Francesco Ubertini, ancora deve chiarire il Caso Lorenzini, finito sulle pagine dei giornali. E dov'erano i bolognesi firmatari dell'appello dei 600, quando si trattava di alzare la voce col Rettore, per chiedere tale rispetto "linguistico"? Madama Marchesa: le proprie virtù è più facile mostrarle coi deboli, che coi forti.

E anche in questo, alto e basso, la moneta corrente del linguaggio è democratica e ci rappresenta bene: giù in fondo, dove pullulano gli studenti "somari", e qua tra le nubi, dove svolazziamo eterei noi professori.

«Gli studenti non sanno l’italiano». La denuncia di 600 prof universitari. Di Orsola Riva, Corriere della Sera, febbraio 2017.

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